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Dalla missione alla vita

L'Oratorio di Zeitun è un pezzetto di paradiso nel caos de Il Cairo. È un cortile piccolo rispetto a quelli che conosciamo in Italia, ma è in grado di accogliere tutti quelli che passano. Qui, dal 30 giugno al 20 luglio, abbiamo vissuto insieme tre settimane condividendo gli spazi della comunità salesiana e facendo animazione con gli animatori egiziani e sudanesi. La prima sensazione che abbiamo provato è stata di familiarità, e non è mai stata smentita: non c'è stato momento in cui non ci siamo sentiti a casa, tra un piatto pronto in cucina, un sorriso in cortile, un abbraccio, uno sguardo, una mano tesa per pregare insieme il Padre Nostro.
Abbiamo temuto sin dall’inizio che la lingua fosse un muro tra noi e gli altri e invece siamo rimasti stupiti da quanto gli sguardi e poche parole in arabo o in inglese ci hanno portato lontano. È bastato un ballo per farci conoscere ed essere parte integrante delle due Estate Ragazzi che abbiamo vissuto.
Le giornate a Zeitun sembravano infinite, con poche ore di sonno e tante cose in programma, ma ci hanno permesso di vivere l’oratorio a tutte le ore, di partecipare ad ogni attività senza mai sentirci di troppo, di conoscere storie, modi di fare e di pensare diversi dai nostri. Rimanere sempre attivi e disponibili ci ha pian piano resi più flessibili e più accoglienti, più pronti a metterci in gioco, anche solo per preparare la merenda o cantare insieme una canzone. Le proporzioni del nostro cuore sono pian piano cambiate…
Un momento che ci ha spiazzati e affascinati allo stesso tempo, è stato pregare con i ragazzi: abbiamo respirato un’allegria viscerale, una gioia che esplodeva in canti, applausi, danze, senza mai perdere il senso profondo dell’incontro con Dio. Questa preghiera così piena di vita ci ha interrogati sulla nostra Fede: quante volte, nelle nostre comunità, viviamo la preghiera come un gesto abitudinario, quasi formale? Lì, invece, abbiamo visto cosa significa pregare con tutto se stessi, con la testa, il cuore e il corpo, e ci siamo chiesti se anche noi sappiamo lasciarci travolgere da una gioia così vera davanti al Signore.
Abbiamo scoperto che a volte chiamiamo “sobrietà” ciò che in realtà è timidezza; che confondiamo raccoglimento con distanza emotiva; che la dignità della liturgia non chiede freddezza, ma cuore intero. A Zeitun abbiamo visto che la gioia può inginocchiarsi senza perdere sapore, e che la festa può diventare liturgia quando la comunità si affida. Da lì è nato un desiderio: tornare nei nostri Oratori e capire come rendere la nostra preghiera più incarnata, più riconoscente, più missionaria.
Nella babele di lingue e di gesti, sono bastate poche parole a ricordarci chi siamo e perché eravamo lì: “Don Bosco” e “Gesù Cristo”. In un cortile “tutto vita, tutto moto…”, abbiamo preso sempre più consapevolezza di essere figli di Don Bosco e che, grazie a lui e al suo carisma, facciamo esperienza di Dio in ogni momento della giornata. La gioia semplice e profonda che abbiamo sperimentato ballando, cantando e pregando ci ha ricordato che la ricetta della santità consiste davvero “nello stare molto allegri” e che non possiamo permetterci una fede tiepida, perché ciò che abbiamo ricevuto in dono è troppo grande.
Il cortile di Zeitun, le storie che ci sono state affidate, gli sguardi di ragazzi e animatori, le vite dei nostri compagni di viaggio sono stati suolo Santo in cui necessariamente togliere i sandali ed entrare con delicatezza, perchè la voce di Dio si sente chiaramente. Sono la terra Santa dove Cristo passa e abita, in cui ci fa Santi nella nostra umanità e nelle nostre ferite.
Questa stessa voce l’abbiamo riconosciuta, in modo ancora diverso, anche quando abbiamo fatto visita alle suore di Madre Teresa a Mokattam. In quel luogo segnato dalla povertà estrema, il volto di Cristo si è fatto presente in silenzio, nei corpi provati e nelle mani amorevoli che li curano ogni giorno. Se, a Zeitun, Cristo ci ha parlato nella gioia del cortile, lì ci ha parlato nel dolore accolto, nella dignità restituita, nella carità che non fa rumore ma trasforma tutto.
Sentirci tanto accolti e tanto apprezzati nei pochi giorni in cui siamo stati a Zeitun, ci ha fatto sperimentare la gratuità di questo Amore e prendere consapevolezza di quanto siamo strumenti tra le Sue mani.
Siamo rientrati da poco in Italia, ma testa e cuore sono ancora lì in Egitto, dove il Signore ha detto a ciascuno una parola di Vita che sta risuonando e scavando il nostro cuore. Questa Parola la portiamo con noi negli Oratori che ci hanno visto crescere, perché possa essere condivisa e alimentata insieme.
E, d’ora in poi, vogliamo che ogni volta che preghiamo si senta - anche a casa nostra - quell’eco di gioia viscerale imparata nel cortile egiziano, che ci ha insegnato a Credere, con tutto il corpo, con tutta la voce e con tutto il cuore.
Martina e Annaclaudia