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L'MGS va in missione

C’è un’estate diversa, fatta di partenze silenziose, di zaini leggeri e cuori carichi. È quella di circa 30 giovani del Movimento Giovanile Salesiano dell’Italia Meridionale, che dopo un anno di cammino con la proposta formativa “RiseUp”, hanno ricevuto il mandato missionario e si preparano a vivere le esperienze degli Esercizi spirituali in contesti segnati da fragilità socio-educative. Le destinazioni sono quattro, tra il Mediterraneo e il Sud Italia: Zeitun, al Cairo (Egitto), Torre Annunziata, Tirana (Albania), e l’Istituto Penitenziario Minorile di Nisida. Ma più che luoghi geografici, sono orizzonti interiori da attraversare.
Filomena partirà alla volta dell’Oratorio salesiano di Zeitun, in Egitto. Ha dentro un turbine di emozioni: curiosità, gratitudine, desiderio di verità. Dice che è stato il bisogno di vivere un’esperienza “forte” a smuoverla, qualcosa che la scuotesse dentro e la portasse fuori dalla sua zona di comfort. “Ho scelto di partire perché sento il bisogno di dare un volto concreto alla mia fede”, scrive. “Desidero donare tempo, ascolto, presenza a chi incontrerò. Voglio lasciarmi toccare dalle storie di chi vive realtà molto diverse dalla mia”. Parole che rivelano una consapevolezza profonda: che la missione, prima ancora che azione, è ascolto, sguardo, prossimità. È un viaggio interiore, prima che geografico. “Spero di tornare con gli occhi e il cuore più aperti, consapevole che ciò che riceverò sarà molto più di quello che riuscirò a dare”.
Anche Eleonora ha fatto una scelta simile, meno lontana geograficamente ma altrettanto intensa. Partirà per Torre Annunziata, dove affiancherà le Figlie di Maria Ausiliatrice nel servizio educativo ai bambini del territorio. Eppure non era certa di partire, all’inizio. “Non sapevo nemmeno se fosse la scelta giusta”, confessa. Ma poi è bastato pensare a quanto bene avrebbe potuto fare, con semplicità, per trovare la motivazione. “Ho capito che non parto per raggiungere obiettivi personali. Non sono una salvatrice, non vado a risolvere nulla, ma semplicemente per fare del bene. Mi aspetto di imparare dalle persone che incontrerò, dai bambini, dai miei compagni, e offrire quel piccolo aiuto che posso dare”. È una partenza disarmata e vera, che sa mettersi al servizio senza pretesa di cambiare il mondo, ma con la speranza di lasciarsi cambiare da esso.
Annarita ha 19 anni e quest’estate vivrà la sua prima esperienza missionaria in Albania. A guidarla è il percorso fatto durante il RiseUp, un cammino che le ha fatto riscoprire quanto siano importanti le relazioni. “Ho realizzato che devo curare le mie relazioni: con Dio, con gli altri, con me stessa. E il modo migliore per farlo è prendendomi cura di chi è nel bisogno”. Non si aspetta miracoli, né momenti eclatanti, ma sa che ogni incontro sarà un seme da custodire. “Vorrei riuscire a dare qualcosa di significativo alle persone che incontrerò e tornare arricchita dalle loro storie. Non voglio crearmi troppe aspettative: conserverò tutto dentro, ogni momento che mi si presenterà sarà un dono”. È una scelta che nasce dalla gratitudine e dal desiderio di amore concreto.
Infine c’è Rosina, che ha aderito all’esperienza di Nisida, uno dei luoghi più complessi e simbolici del Sud Italia. Lì, tra le mura dell’Istituto Penitenziario Minorile, sarà chiamata a portare ascolto, compagnia e luce ai giovani detenuti. La sua motivazione nasce da una chiamata più grande, da quel modo tutto suo che ha Dio di “scombussolarci i piani” per mostrarci la strada. “Quando il Signore ci chiede di metterci in cammino, non è mai semplice. La sua voce sa come farsi sentire, anche quando proviamo a ignorarla”. Per lei, Nisida è una risposta concreta alla preghiera, è un gesto di fiducia, una scelta di rinascita. “Non ho molte aspettative. Voglio solo preparare il cuore ad accogliere quello che Dio ha in mente per me. Perché noi, alla fine, siamo storie: e intrecciandoci, possiamo riconoscerci”.
Tutti questi giovani hanno qualcosa in comune: la voglia di vivere una Fede incarnata, di dare forma al Vangelo in luoghi dove c’è bisogno di amore gratuito. Partono con il desiderio di dare, ma sanno che riceveranno molto di più. Non cercano esperienze spettacolari, ma relazioni vere, volti da incontrare, silenzi da ascoltare, storie da abbracciare.
In un mondo che invita a fare carriera, a guadagnare, a mettersi in mostra, loro scelgono di partire per servire, per imparare, per amare senza misura e cercare Dio negli occhi degli ultimi. Con umiltà e coraggio, diventano testimoni di una bellezza che non fa rumore, ma lascia il segno. E forse, è proprio questo il miracolo più grande: giovani che scoprono che la felicità non si compra, ma si condivide.