La spiritualità educativa in Maria Mazzarello

venerdì 13 maggio 2011
La spiritualità educativa in Maria Mazzarello

Madre Mazzarello ha scelto i giovani come destinatari del suo apostolato ancor prima di conoscere Don Bosco. Indebolita dalla malattia del tifo, la giovane Main è costretta a lasciare il lavoro dei campi, si impegna a imparare il mestiere di sarta per un sogno che già da tempo urgeva nel suo animo: dedicarsi alle ragazze di Mornese, toglierle dai pericoli!


 

 

La spiritualità educativa in Maria Mazzarello

 
          Madre Mazzarello ha scelto i giovani come destinatari del suo apostolato ancor prima di conoscere Don Bosco. Indebolita dalla malattia del tifo, la giovane Main è costretta a lasciare il lavoro dei campi, si impegna a imparare il mestiere di sarta per un sogno che già da tempo urgeva nel suo animo: dedicarsi alle ragazze di Mornese, "toglierle dai pericoli, come dice all’amica Petronilla, e insegnar loro a conoscere il Signore”.
 
          C’è stata anche una visione: un grande caseggiato con tante ragazze che giocano, e una voce :« A te le affido ».
Don Bosco la trova già pronta per assumere lo stile educativo del “sistema preventivo”, con la fedeltà umile da una parte, ma con l’intraprendenza creativa dall’altra, propria dello specifico femminile e della sua personalità.
 
           
Educazione come “prendersi cura”
 
 
          E’ questa la prima caratteristica che definisce Maria Mazzarello come “Madre” e come educatrice; si può dire educatrice perché madre.
 
          Alla base sta il primato della persona, centro unitario della molteplicità delle sue dimensioni ( fisica, intellettiva, affettiva, sociale , etica e religiosa..) e quindi centro della varietà degli interventi. Maria Mazzarello, come madre, non compie un’analisi teorica di queste dimensioni, ma con l’amore le investe tutte nella trama ordinaria della vita, cioè nella diversità delle situazioni, dell’età, dei temperamenti e della storia individuale. Esprime bene l’attenzione alla globalità della persona l’espressione che ripete a genitori e parenti delle ragazze in collegio, assicurandoli che ne avrà "tutta la cura possibile".
            
          Questo atteggiamento comporta aver coscienza del valore della persona, che per Madre Mazzarello è propria di un’antropologia cristiana. Il riferimento a Dio, creatore dell’uomo come sua “immagine”, carica di positività il significato della vita, perché la considera come un percorso coerente tra l’origine e il fine.
 
 
Il discernimento come attitudine educativa
  
          L’attenzione alla persona per Madre Mazzarello vuol dire capacità di porsi di fronte alla singola ragazza o suora, conoscere i tratti della sua indole, le potenzialità positive e i difetti. Sviluppare il positivo e correggere il negativo in sé e negli altri è la grande impresa che diviene arte educativa per la costruzione di una maturità integrale. Tale arte implica intuito psicologico, stimoli adatti, paziente attesa; come quella del contadino, per cui le forzature non ottengono lo scopo, anzi sono dannose. 
 
           Dice di una giovane suora: «Mi pare che se la saprete prendere riuscirà bene. Così delle altre, ciascuna ha i suoi difetti, bisogna correggerle con carità, ma non pretendere che siano senza e nemmeno pretendere che si emendino di tutto in una volta. Bisogna studiare i naturali e saperli prendere; bisogna ispirare confidenza ».
           
          Saper discernere le qualità delle persone significa per Madre Mazzarello aderire al progetto di Dio su di loro. Ne consegue un’educazione ai valori etici e religiosi fondata in Cristo e nel Vangelo. L’evangelizzazione non è un’aggiunta alle dimensioni della persona; le permea e caratterizza, costruendo una maturazione umana garantita dalla maturità cristiana.
 
 
Amorevolezza = amore espresso e riconosciuto
  
          L’amore è certamente la molla che fa scattare la dedizione educativa di Madre Mazzarello, secondo il binomio inscindibile del Vangelo: Dio e il prossimo. Proprio per questo trae da un fondamento sicuro tutto il calore e la diffusività dell’amore materno, che si esprime come amorevolezza.
Don Bosco aveva chiarito il significato di amorevolezza anche dicendo:« ..che i giovani non solo siano amati, ma sappiano di essere amati” Richiede, quindi, un amore espresso da chi ama e riconosciuto da chi è amato. Non sempre questo si verifica nei rapporti educativi. “L’educazione è cosa di cuore” aveva anche detto Don Bosco. 
 
          Si può dire che l’amorevolezza salesiana possiede i connotati propri della delicatezza femminile. Madre Mazzarello, attenta alle diversità dei temperamenti, alla gradualità dello sviluppo e al coinvolgimento di tutte, suore, novizie, ragazze, sa conciliare molto bene la chiarezza delle mete da raggiungere con l’effusione di un affetto che cura, che aiuta, che comprende e soddisfa le esigenze, come quando cura i geloni dei piedi di una bimba o fa fare un giro nella vigna alla suora giovane. L’influsso della Madre sulle altre educatrici crea quell’ambiente saturo di spiritualità e di accoglienza che fa “star bene” come in famiglia. Suor Enrichetta Sorbone, dopo aver descritto il clima della casa di Mornese, vissuto da ragazza e da suora, conclude: «Com’era bella la vita!».
 
 
La pedagogia del lavoro e della gioia 

          Madre Mazzarello, col senso della concretezza che la distingue, guarda al futuro delle giovani donne a lei affidate e perciò inculca in loro l’amore al lavoro, che si traduce in doveri di studio, di ordine della casa e della persona, nell’acquisto di abilità che garantiscono una vita indipendente e dignitosa. La durezza del lavoro agricolo e la fatica per apprendere l’abilità di una sarta l’hanno temprata a valorizzare le occasioni per impiegare i talenti ricevuti a servizio degli altri. Non conta per lei il tipo di lavoro o la quantità, ma che ciascuna faccia quello che può e meglio che può. Dice: « Dio non domanda conto se si è fatto maggior lavoro di un’altra, ma se si sono impiegati tutti i talenti che Egli ci ha donato ». Si riafferma qui il valore della persona e del suo sviluppo Alle suore di Montevideo scrive: « Mi dite che avete da lavorare molto, e io ne sono ben contenta, perché il lavoro è il padre delle virtù; lavorando scappano i grilli e si è sempre allegri”.         

         Il lavoro, se corrisponde alle capacità e ha una valenza altruistica, si coniuga certamente con la gioia, elemento necessario perché la persona esprima il meglio di se stessa e collabori a costruire un ambiente educativo. Si può scorgere chiaramente un legame anche tra amorevolezza e gioia. Nelle lettere di Madre Mazzarello alle suore missionarie emergono principalmente due interrogativi:« Vi volete bene?» e «Siete allegre?». Coglie il valore della gioia, o allegria con quest’espressione: « L’allegria è segno di un cuore che ama tanto il Signore ». 
 
          L’allegria è alimentata dalle feste che si celebrano nelle varie occasioni dell’anno oltre che con le funzioni liturgiche, con teatri, musica, canti; ma anche ogni giorno con le ricreazioni, in cui sono abituali gli scherzi e le sorprese.
 
 
E oggi? 
  
          Oggi siamo nel tempo degli approfondimenti, delle ricerche, dei trattati pedagogici a livello universitario. Sono state elaborate le Linee orientative della missione educativa delle FMA. Emerge un linguaggio nuovo: “Educomunicazione” , “Cammini di sinergia”, “Progetti di solidarietà” ; si moltiplicano i  Siti web...  Nell’Istituto delle FMA c’è tutto un fermento per affrontare il problema educativo in modo adeguato all’oggi, alle molteplici sfide di un mondo complesso.
Il cuore di tutto, però, è un’esigenza sempre emergente di tornare alle origini, al carisma di Mornese e dei Becchi, dove due giovani contadini, Maria Mazzarello e Giovanni Bosco si sono resi esperti nell’arte del seminare, del dissodare, del coltivare …la terra e le anime! Un ritornare per reinterpretare nell’oggi il carisma e renderlo più vivo che mai.

autore: Suor Armida Magnabosco
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