50 anni nel segno di don Rua

venerdì 28 ottobre 2022
50 anni nel segno di don Rua

Carissimi confratelli,
domani festeggeremo la memoria del Beato Michele Rua a cui noi siamo particolarmente affezionati per quanto ha fatto con passione e lungimiranza per la nostra Ispettoria che è intitolata proprio a lui. Inoltre quest’anno, siamo particolarmente felici di festeggiarlo perchè è l’anno del 50° della nascita dell’Ispettoria Meridionale e il 50° della beatificazione di don Rua (29 ottobre 1972-29 ottobre 2022). Tutti conosciamo don Rua, ma non è mai superfluo fermarci e meditare alcuni tratti della sua persona che possono aiutarci a vivere le sfide che la storia di oggi ci presenta.
Innanzitutto don Rua viene definito:

1) "Un altro don Bosco"

Il cardinale José Calasanz Vives y Tutó, ponente della causa di venerabilità di don Bosco, così diceva a don Arturo Conelli, ispettore dell’Ispettoria romana il 15 agosto 1907 a conclusione della stessa causa: «sono felicissimo di aver dovuto studiare a fondo la vita di Don Bosco, perché ho potuto conoscere che egli fu un grande santo [...] Era straordinario nell’ordinario [...] Studiando don Bosco ho imparato a stimare di più Don Rua: ho visto la speciale Provvidenza di Dio a riguardo di lui, nel chiamarlo per primo, per prepararlo, nel fargli seguire passo passo Don Bosco, perché fosse un altro Don Bosco. E Don Rua ha tali rapporti intimi con Don Bosco che può dirsi «una reliquia vivente di Don Bosco».
Ma forse il primo ad anticipare profeticamente il titolo ed il ruolo di don Rua è stato nel 1860 un suo compagno dell’Oratorio, il chierico Francesco Vaschetti in occasione dell’ordinazione sacerdotale nel luglio 1860: «Amato ed ammirato da tutti, porti in te il cuore di un altro Don Bosco, e già tutti notano a dito come degno di lui successore. Tu gli sarai dunque d’ora in avanti collaboratore instancabile nella vigna che il Signore gli affidò a coltivare!».

2) Ma anche "altro" da don Bosco

Fedele sì, ma non una semplice fotocopia o un pedissequo imitatore del maestro. Diverso infatti il contesto storico in cui è vissuto (nato e morto 22 anni dopo), diverse le origini familiari e la costituzione fisica, diversi il temperamento, il portamento, il tipo di intelligenza, il modo di essere, di agire, di leggere i segni del tempo, diverse l’educazione ricevuta, la formazione spirituale e sacerdotale, le esperienze di vita...
L’essere stato per decine di anni l’alter ego di don Bosco, l’aver svolto per tanto tempo un oscuro lavoro quotidiano alla sua ombra o, forse meglio, nel suo cono di luce, ha fatto sì che si è facilmente scambiato don Rua come un semplice riflesso dello sfolgorante sole di nome "don Bosco". In realtà se il "contadino di Dio", don Bosco, ha potuto splendere come astro di prima grandezza nel firmamento dei cosiddetti “santi sociali” dell’ottocento, lo è stato anche grazie al lavoro indefesso e meticoloso del compito “cittadino” don Rua, che, accanto, ne ha alimentato il fulgore. Solo che, a differenza del maestro, il discepolo non ha coltivato nessuna velleità di passare alla storia, non si è fatto cronista di se stesso, non ha trovato schiere di raccoglitori di memorie. Don Bosco ha "sognato" in grande, don Rua ha realizzato. Don Bosco ha mandato missionari ad gentes e per gli immigrati, don Rua ne ha allargato gli spazi missionari e assistenziali.   
Innanzitutto, sull’esempio di Don Rua, discepolo fedele di Gesù sui passi di Don Bosco, ogni confratello è chiamato a riscoprire le vie per custodire la fedeltà alla vocazione consacrata. La nostra vocazione è un dono prezioso; essa però è "come un tesoro in vasi di creta". La grandezza del dono ricevuto è minacciata spesso dalla fragilità della nostra risposta. Credo che, ponendoci davanti alla vita di questo grande testimone della fedeltà, dovremmo chiederci: "Sono contento di Dio?"; e più ancora: "Dio è contento di me?". Infatti, abbracciando la vita consacrata salesiana ci poniamo al seguito del Signore Gesù e diveniamo suoi autentici discepoli e suoi apostoli appassionati; tutto ciò esige da noi l’impegno di una convinta fedeltà vocazionale.

3) Con don Bosco sempre nel cuore

All’una e mezza del 31 gennaio 1888 don Bosco entra in agonia. Don Rua, che aveva indossato lo stola, la cede a Mons. Cagliero, passa alla destra di don Bosco e sussurra al suo orecchio: «Don Bosco, siamo qui noi, i suoi figli. Le domandiamo perdono di tutti i dispiaceri che per causa nostra ha dovuto soffrire. In segno di perdono e di paterna benevolenza, ci dia ancora una volta la sua benedizione!» (A. Amadei, Un altro don Bosco, pag. 192). Facendosi violenza per dominare la commozione, facendo anche allora con lui a metà, alza la destra paralizzata di don Bosco e invoca la benedizione di Maria sui figli presenti e sugli altri sparsi per il mondo. L’8 febbraio 1888 don Rua scrive a tutti i salesiani tra l’altro: «Cari confratelli, d’ora in avanti sia il nostro motto d’ordine: La santità dei figli sia prova della santità del Padre: questo accrescerà il gaudio del nostro amato don Bosco, che già speriamo accolto in seno di Dio, mentre ridonderà a grande nostro spirituale profitto».
Commuove oggi, a distanza di tanti anni, l’umiltà vera di don Rua, che, dopo la morte di don Bosco si affretta a dichiarare di non essere degno di essere Rettor Maggiore, scrivendo al Papa testualmente: «Beatissimo Padre, considerando la mia debolezza e incapacità, trovomi spinto a farVi umile preghiera di voler portare su altro soggetto più adatto il sapiente vostro sguardo, e dispensare lo scrivente dall’alto ufficio di Rettor Maggiore, assicurandoVi però che, coll’aiuto del Signore, non cesserò di prestare con tutto l’ardore, la debole opera mia in favore della Pia nostra Società, in qualunque condizione venissi collocato». (Amadei, 200-201)
Sono i membri del Capitolo Superiore a sottolineare invece la loro gioia che sia don Rua il nuovo Superiore per la sua vicinanza a don Bosco, le sue virtù e la sua capacità di governo. Nella conclusione dell’ultima sua lettera circolare ai Salesiani, don Rua scriveva: «Trattenuto dalla mia infermità, da qualche tempo non posso visitare le case, più non mi è dato di lavorare come vorrei pel bene della nostra cara Congregazione. Ciò mi angustia assai temendo che abbia ad arrecarle qualche danno. Si è per questo che ogni giorno offro al Signore quel poco che ho da patire, unitamente colle mie più fervide preghiere, acciò in ciascuno dei miei figli abbia a conservarsi e crescere quello spirito di pietà, di ubbidienza e di sacrificio così spiccato in D. Bosco, in guisa da rendere la nostra Pia Società quale egli la desiderava». (Lettera circolare n. 39 XI Capitolo Generale, Circolari, 421-422)

Carissimi confratelli e Famiglia Salesiana tutta,
don Rua è davvero una miniera straordinaria e tutti noi del sud Italia dobbiamo essergli infinitamente riconoscenti per il suo sguardo lungimirante e la sua grande passione di servire i giovani, soprattutto i più poveri e abbandonati. Oggi tante CEP della nostra ispettoria esistono grazie al primo successore di don Bosco che ha voluto che fossimo presenti in tante parti della nostra ispettoria. In questo 50° della beatificazione di don Rua, uniamoci coralmente nella gratitudine a Dio per avercelo donato come patrono dell’Ispettoria Meridionale e preghiamo perché la sua santità possa presto essere riconosciuta ufficialmente dalla Chiesa.

Ringrazio di cuore i nostri due studenti di teologia, Davide Baccaro e Luigi Sergio, che hanno preparato una Celebrazione (clicca QUI) perché in tutte le CEP possa essere vissuta come segno di unità e gratitudine da parte di tutti.

Buona festa a tutti e a ciascuno. Evviva don Rua!

Napoli 28 ottobre 2022

don Angelo Santorsola, Ispettore

 

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