Avvento 2021

martedì 30 novembre 2021
Avvento 2021

Carissimi, 

domenica 28 novembre siamo entrati nel tempo di Avvento e abbiamo iniziato un nuovo anno liturgico che non è un calendario ma una persona da conoscere, scoprire, amare: Gesù Cristo, nostro Signore, Re dell’universo e Signore della Pace, amante dell’uomo!

L’Avvento non è semplicemente un tempo di preparazione al Natale, ma ricorda  a ciascuno di noi che viviamo e abitiamo la storia con lo spirito di chi si lascia sorprendere continuamente dal fatto che la nostra umanità, la nostra storia è continuamente visitata dalla presenza di Dio.

Dobbiamo fermarci non perché c’è un nuovo lockdown, ma perché è necessario ritrovare chi siamo e a cosa siamo chiamati ad essere: figli di Dio che fanno tutto per amore, nulla per forza! Dopo due anni di pandemia, dove abbiamo “rallentato il passo” e fatto esperienza del nostro limite e delle nostre fragilità, ci siamo resi conto che quando non siamo frenetici scopriamo particolari, dettagli che diversamente ci sfuggirebbero. Abbiamo riscoperto anche stili di vita più sostenibili, più umani, più fraterni in cui ognuno può sentirsi “più a casa”.

Ecco allora che, all’inizio di questo Avvento 2021, ci accorgiamo che il Silenzio è necessario per poterci stupire e contemplare il “fatto dell’incarnazione” di un Dio che per amore di ciascuno di noi si fa storia, divenendo bambino e avendo bisogno di un papà e di una mamma: Giuseppe e Maria!

L’anno speciale dedicato a San Giuseppe ci sta aiutando, con la lettera apostolica di Papa Francesco “Patris Corde”, a sperimentare con San Giuseppe la gioia di camminare verso il Natale. Giuseppe si prende una grande responsabilità e dà delle indicazioni chiare ad ognuno di noi, soprattutto in questo tempo di grandi turbamenti come lo furono i suoi sogni, nel porci nell’atteggiamento di chi è capace di ascoltare la voce di Dio, mettendosi in ascolto della voce di questo tempo. E’ bellissimo vedere come Giuseppe vive la pienezza dell’amore in un modo nuovo che ha maturato nella relazione con Dio: la paternità di chi è capace di offrire la propria vita per un amore più grande, fatto carne nel grembo della sua promessa sposa, Maria. Amore di sposo e di padre che si esprime nel suo consumarsi quotidiano, offrendosi con gioia e rinnovato entusiasmo. Sull’esempio di Giuseppe, dobbiamo avere coraggio fidandoci della Parola di Dio che si compie nell’oggi della storia (Patris corde, 5).

Non ritorniamo alla “normalità” di un Natale che diventa una bella festa, ricca di solite emozioni, che poi passa, (e ci saremo tolti anche questo pensiero!) Cogliamo invece l’occasione dell’Avvento, tempo favorevole per la nostra conversione, per rinnovare lo sguardo della speranza; per riconoscere che Gesù Cristo entra veramente nel nostro tempo, gli dà un senso profondo; inonda lo Spazio d’amore… “Ecco, verranno giorni, oracolo del Signore, nei quali io realizzerò le promesse di bene che ho fatto alla casa di Israele e alla casa di Giuda” (Ger 33,14).

Le prime parole che hanno aperto questo tempo ci sono state date da Geremia. Il profeta ci fa volgere lo sguardo in lontananza, ai giorni del compimento delle promesse di Dio. Sì, oggi siamo chiamati a rinnovare lo sguardo della speranza. Si tratta di aprire gli occhi, stupiti del fatto che il Signore “si confida con chi lo teme, facendogli conoscere la sua alleanza” (cfr. Salmo 24). Sì, nonostante noi, Lui rinnova la sua alleanza con noi, cielo e terra si toccano nella stalla di Betlemme. A ciascun credente è data la possibilità di un inizio nuovo, di una ripartenza, di una nascita nuova, qualunque sia la situazione che si attraversi. Sempre, e a tutti, è donata l’opportunità di ricominciare.

Ognuno di noi, cari confratelli, è invitato a riflettere sul tempo che ci è dato, perché esso non passi sopra di noi, perché la vita non sia “quella cosa che ci succede mentre siamo occupati a fare qualcos’altro”. Con l’inizio dell’avvento la chiesa ci dice che il tempo non è un cerchio che si chiude, come in un circuito dove si ripassa sempre sulla griglia di partenza, non ritorniamo infatti sugli stessi passi dell’anno precedente; per il cristiano il tempo è invece un avanzare come per un percorso a spirale, è un procedere avanti verso il punto omega, siamo il popolo di Dio in cammino nel suo pellegrinaggio verso Cristo, alfa e omega, colui che era che è e che viene, punto di approdo definitivo e beatificante. Oggi ci viene rivolta questa domanda: che cosa farete con il tempo che vi è dato? Come ci troverà Cristo alla sua venuta? Sarà un momento di gioia, di liberazione, di pace, o sarà un momento di angoscia, di ansia e di paura?

Cari confratelli, come sta messo il nostro cuore? È forse appesantito, diventato insensibile al vero, al buono, al bello perché dissipato, sperso in mille rivoli, sparpagliato per l’andare dietro a mille cose? È forse ubriaco, intossicato, intontito e quindi incapace di vedere dove sta il bene e dove sta il male? E’ un cuore affannato il nostro, pieno di preoccupazioni esagerate che assorbono tutte le sue energie e gli impediscono di sollevare lo sguardo soffocando la vita di fede?

Il mondo giovanile e degli adulti ha più che mai bisogno di salesiani che facciano da sentinelle, consacrati che sappiano scrutare l’aurora e annunciare il sole che sta per sorgere, Gesù che viene. Essere sentinella comporta non solo essere svegli, ma essere pronti a dare l’allarme, a svegliare gli altri che sono presi dal sonno, per avvisarli del pericolo...

Le porte di “Casa Trinità” si aprono e Dio confessa la sua “debolezza”: amare senza misura la sua creatura! Meravigliosa sorpresa! Amati e chiamati, siamo invitati ad entrare nella Casa dell’Amore. Un Bambino diventa la strada per arrivarci e suo padre putativo, Giuseppe, e sua madre, Maria, ci incoraggiano ad assumere quegli atteggiamenti necessari per percorrerla.

Coraggio, cari confratelli, “alziamoci e leviamo il capo”! Il venerabile don Tonino Bello dice: “Sono i due verbi dell’antipaura. Sono i due verbi dell’avvento. Sono le due luci che ci devono accompagnare nel cammino verso il Natale. Àlzarsi significa credere che il Signore è venuto già duemila anni fa, proprio per aiutarci a vincere la rassegnazione. Alzarsi significa riconoscere che se le nostre braccia si sono fatte troppo corte per abbracciare tutta intera la speranza del mondo, il Signore ci presta le sue. Alzarsi significa abbandonare il pavimento della cattiveria, della violenza, dell’ambiguità, perché il peccato invecchia la terra, significa, insomma, allargare lo spessore della propria fede. Ma alzarsi significa anche allargare lo spessore della speranza, puntando lo sguardo verso il futuro, da dove Egli un giorno verrà nella gloria per portare a compimento la sua opera di salvezza. Levare il capo significa fare un colpo di testa. Reagire, muoversi. Essere convinti che il Signore viene ogni giorno, ogni momento nel qui e nell’ora della storia, viene come ospite velato. Quindi saperlo riconoscere: nei poveri, negli umili, nei sofferenti. Significa in definitiva: allargare lo spessore della carità. Ecco il senso di questo Avvento che ci viene espresso da san Paolo: «Il Signore vi faccia crescere nell’amore vicendevole e verso tutti» (1 Ts 3,12).  Qui sulla terra è l’uomo che attende il ritorno del Signore. Lassù nel cielo è il Signore che attende il ritorno dell’uomo. Ritorno che si potrà realizzare con la preghiera, con la vita di povertà, di giustizia, di limpidezza, di purezza, di amore, con la testimonianza evangelica e con una forte passione di solidarietà.”

Ognuno di noi, ogni comunità mostri il volto di una fede adulta, capace di orientarsi e di orientare verso scelte che soddisfino il bisogno di vivere la comunione, la partecipazione, la missione. Promuoviamo, a partire da noi, una conversione culturale, un “cambiamento di mentalità che metta in atto il valore della sussidiarità. Ci sia una conversione pastorale che Papa Francesco esprime in questi termini: «Se qualcosa deve santamente inquietarci e preoccupare la nostra coscienza è che tanti nostri fratelli vivono senza la forza, la luce e la consolazione dell’amicizia con Gesù Cristo, senza una comunità di fede che li accolga, senza un orizzonte di senso e di vita. Più della paura di sbagliare spero che ci muova la paura di rinchiuderci nelle strutture che ci danno una falsa protezione, nelle norme che ci trasformano in giudici implacabili, nelle abitudini in cui ci sentiamo tranquilli, mentre fuori c’è una moltitudine affamata e Gesù ci ripete senza sosta: “Voi stessi date loro da mangiare” (Mc 6,37)» (EG 287).

Tutto dipende dal cuore!

Papa Francesco nella “Gaudete et exsultate” si domanda se «a causa dell’aria irrespirabile della nostra autoreferenzialità, Gesù non stia bussando dentro di noi, perché lo lasciamo uscire» (n.136). Il Signore bussa, non dall’esterno, ma dall’interno del nostro cuore e chiede di uscire perché si sente imprigionato, incatenato dalla nostra chiusura e dal nostro pessimismo. Che questo avvento ci aiuti a superare le nostre “paralisi” dovute alla paura. Tutti siamo chiamati a divenire missionari appassionati, entusiasti di comunicare la vera vita che il Bambino ci dona!

Cari confratelli, non fatevi venire la nostalgia delle corse del prima pandemia e viviamo il quotidiano sul ritmo del Vangelo che, restituendoci umanità e pienezza d’essere ci aiuta a scoprire qualcosa di nuovo e inatteso anche in questi tempi.

Buon cammino a tutti e a ciascuno! 

            Con tanta fraternità, don Angelo Santorsola

 

 

 

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